Nel 1843 Richard Wagner scrisse ”l’Olandese volante”. Secondo il folclore nordeuropeo, l’Olandese volante sarebbe un vascello fantasma che solca i mari senza una meta precisa e un destino avverso impedirebbe di tornare a terra. Il vascello verrebbe spesso avvistato da lontano, avvolto nella nebbia o emanante una luce spettrale. I marinai della nave sarebbero fantasmi che tentano a volte di comunicare con le persone della terraferma.
Secondo alcune fonti il modello per il capitano della nave fantasma fu il capitano olandese Bernard Fokke, che nel XVII secolo faceva spola tra i Paesi Bassi e l’isola di Giava a una velocità così sorprendente da essere sospettato di aver fatto un patto con il diavolo.
Secondo altri, la nave sarebbe partita da Amsterdam nel 1729 con a bordo un carico diretto a Giava, per conto della compagnia delle Indie.
Il capitano, tale William Vander Decken, aveva la fama di essere temerario e risoluto al punto tale da non indietreggiare di fronte ad alcuna avversità.
Avvicinandosi al Capo di Buona Speranza, una grande tempesta colpì la nave, altissime onde colpirono il vascello, con venti intensi e lampi accecanti. In sogno Van der Becken udì una voce che lo implorava di invertire la rotta, ma l’avido capitano aveva imbarcato anche della merce di sua propriètà che contava di vendere lucrandosi un’ingente somma nelle Indie Olandesi. Van der Becken imprecò e invocò il diavolo facendo con lui la promessa che, se fosse riuscito a passare il Capo, avrebbe potuto rendere la sua anima nel giorno del giudizio.
A quel punto, il demonio in persona apparve al capitano incoraggiandolo a sfidare la volontà di Dio e a dirigere la nave direttamente verso la tempesta. L’Olandese accettò, attirandosi sul suo capo la condanna dell’Onnipotente: lui e la sua nave di morti viventi avrebbero vagato per i mari senza mai toccare terra, fino al giorno del giudizio.
Questa storia ci fa vedere come l’avarizia e la sete di denaro spesso prevalgono sulla nostra lucidità di agire, compromettendo non solo la nostra integrità, ma anche quella degli altri.
Il problema inizia quando il danaro e i beni posseggono noi o ci ossessionano.
Il denaro che lo spilorcio accumula senza sosta è destinato ad essere conservato, a non essere mai speso: ”se spendo il denaro, dice, viene meno il mio potere e non posso più consolarmi nella certezza che quando ho accumulato mi servirà in qualsiasi momento”.
La Scrittura considera l’avarizia un grave peccato. Il denaro infatti sfida Dio, giacché ne occupa il posto: “nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro”. Non potete servire Dio e la ricchezza”, Matteo 6:24.
Se noi fossimo davvero liberi nei confronti del denaro, ci risulterebbe così difficile pagare le imposte o le multe?
Che cos’è l’avarizia?
Come l’orgoglio e il lussurioso, anche l’avaro è definito peccatore e vizioso non perché ama un qualche bene del mondo, ma perché il suo amore per questo bene è smisurato. Il denaro diventa un idolo!
Il peccato inizia non con il possesso del denaro, ma con il suo cattivo uso, quando cioè il denaro cessa di essere un mezzo e diventa un fine. L’avarizia si nasconde, il peccato infatti ci rende ciechi. E l’avaro si protegge innanzitutto giustificandosi.
Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che ci inaridisce il cuore. Non si possiede mai abbastanza; si trova sempre un motivo per avere di più. Quelli poi che sono avari più degli altri, non ammettono mai di esserlo e il bello è che in coscienza, sono assolutamente convinti di esserlo.
La Scrittura racconta la storia di un uomo ricco, il quale aveva avuto un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé “che farò. Poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così, disse: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni e poi dirò anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti.”
Ma Dio gli disse “Stolto. Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”, Luca 12-16-:21.
Non sottovalutiamo questo aspetto, ma manteniamo il nostro cuore, aperto soltanto al cielo e impenetrabile alle ricchezze e ai beni. Il denaro è un buon servitore ma un cattivo maestro.
Una notte, un vecchio indiano raccontò a suo nipote una storia: “Figlio mio, la battaglia nel nostro cuore è combattuta da due lupi. Un lupo è malvagio: è collera, gelosia tristezza. L’altro è buono: è gioia, pace amore, speranza, serenità”.
Il nipote rispose chiedendo al nonno. ”Quale dei due lupi vince?”
Il nonno disse semplicemente: “quello che tu nutri!”
Ciascuno scelga quindi con sapienza quale lupo nutrire.
Vittorio Piacentini – Lodi Milano