Una bambina che abitava sulla costa nord occidentale dell’Inghilterra, aveva gettato una bottiglia in mare, dopo avervi infilato dentro il suo nome e il suo indirizzo. Quale fu la sua sorpresa quando, dopo sei mesi, ricevette una lettera da un piccolo australiano che aveva trovato la bottiglia arenatasi sulla spiaggia! Le probabilità di successo di questo esperimento erano infime. Immaginate quanti ostacoli deve aver incontrato quella bottiglia, sospinta per migliaia di chilometri da venti e maree!
Nella lingua corrente, l’espressione “gettare in mare una bottiglia” significa chiedere aiuto sapendo che la speranza che l’appello venga raccolto è minima.
Certe persone pregano Dio come si getta in mare una bottiglia e pensano “non si sa mai: tentare non costa nulla”.
È forse il vostro caso? Anche voi la pensate così?
Se così è, permettetemi di dirvi che Dio ode ogni nostra parola. Inoltre, conosce tutto di noi; ci ama così come siamo, anzi ancora di più: ci ama nonostante ciò che siamo!
Questo però non significa che Egli approvi tutto quello che facciamo.
Pregare Dio è voler entrare in contatto con Lui, aspettare una risposta da parte sua, quindi essere disposti ad ascoltarlo.
Dio si rivela a un cuore sincero, a uno spirito onesto che lo cerca con umiltà. Lo può fare per mezzo di una conversazione con un credente o con qualche avvenimento particolare, ma anche, e soprattutto, per mezzo della lettura della BIBBIA.
Leggerla è scoprire CHI NOI SIAMO e QUELLO CHE DIO HA FATTO PER NOI PECCATORI. Lui che è santità e amore.
Pilerluigi Luise – Milano (tratto da Il Messaggerio Cristiano)